mercoledì 30 marzo 2011

Frutta e verdura a cena


Chi consiglia di restare leggeri a cena scegliendo un pasto che non appesantisca disturbando il sonno con la digestione difficile; chi sostiene che dopo una giornata fuori di casa sia necessario ricaricarsi per bene; chi, infine, nel dubbio salta il pasto, pensando che ormai non serve al corpo energia alcuna per affrontare il letto. Spesso si sbaglia portando in tavola per cena un pasto troppo ricco o al contrario insufficiente. Cosa è meglio mangiare?


Di sicuro è un errore cercare di compensare con la cena gli altri pasti, siano stati essi del tutto assenti o scarsi oppure troppo abbondanti. Conosco varie persone che a cena bevono solo del latte o mangiano yogurt e frutta o un piatto di verdure. Non è una cattiva scelta in sé ma va accompagnata da qualcosa di più sostanzioso, naturalmente, come un piatto proteico.
Ci si chiede anche se sia meglio scegliere tra frutta o verdure. Per cominciare vediamo la frutta: contiene vitamine e minerali, fibre ed è naturalmente golosa senza avere un apporto calorico troppo elevato ma ha anche una certa quantità di fruttosio che fornisce all’organismo energia di cui non ha bisogno effettivo prima della notte. Il rischio è che se andiamo a dormire subito dopo una cena a base di frutta e poco altro l’organismo immagazzini il glucosio sotto forma di grassi.
E la verdura? Vitamine, minerali e fibre possono essere equiparate in linea di massima all’apporto della frutta ma generalmente le verdure hanno un più basso indice glicemico e quindi sono più appropriate per la sera. In più la possibilità di consumarle crude o cotte e la grande varietà di verdure disponibile ci permette di più di variare. Attenzione però a non preparare piatti troppo conditi o elaborati.

Frutta e verdura apportano nutrienti essenziali all'organismo. Non essendo in grado di produrli autonomamente, il corpo deve procurarseli con l'alimentazione. Tuttavia, gli alimenti freschi perdono rapidamente i loro nutrienti a causa dei lunghi tempi di conservazione e della cottura. Inoltre, non sempre riusciamo a trovare il tempo per comprare gli alimenti freschi. Quando non riusciamo a garantire all'organismo una nutrizione sana equilibrata ed sana, può essere opportuno ricorrere agli integratori alimentari. Quello che conta è fornire al corpo i nutrienti di cui è carente.


Vitamine
Come già suggerisce il nome, le vitamine sono di vitale importanza per l'organismo. Pur non fornendo energia, esse sono necessarie per il metabolismo. Le vitamine influenzano quasi tutti i processi corporei. Un adeguato apporto ci fa sentire in forma, attivi e intraprendenti; una carenza di vitamine può provocare una sensazione di affaticamento e spossatezza. Nei casi più estremi possono insorgere disturbi da ipovitaminosi.
Poiché il corpo non è in grado di produrre da sé le vitamine, queste devono essere fornite attraverso l'alimentazione.
Esistono vitamine idrosolubili e vitamine liposolubili:
Vitamina A: è soprattutto importante per gli occhi, la pelle e le mucose, il metabolismo e il sistema immunitario, la formazione della cute, l'udito, il benessere delle cellule, l'accrescimento e la riproduzione.
Vitamina D: è necessaria per la crescita di denti e ossa, il sistema nervoso, il rilassamento e un corretto funzionamento del sistema immunitario.
Vitamina E: aiuta a proteggere il corpo dai radicali liberi. Essa inoltre supporta il metabolismo dei lipidi, la circolazione sanguigna, favorisce una buona composizione del sangue e frena le infiammazioni.
Vitamina C: è importante per il sistema immunitario, il tessuto connettivo e le gengive, il sonno, il buonumore e la gestione dello stress. Essa inoltre favorisce una pelle compatta e liscia e facilita la concentrazione mentale.
Tiamina/B1: viene usata dall'organismo per estrarre energia dagli alimenti. Questa vitamina aiuta inoltre la digestione e contribuisce al benessere del sistema nervoso, all'appetito, al cuore e alla guarigione delle ferite.
Riboflavina/B2: aiuta a trasformare carboidrati, grassi e proteine in energia. Essa è inoltre fondamentale per l'accrescimento, la pelle, la vista, i capelli, le unghie, la forma fisica e la respirazione cellulare.
Niacina: aiuta la rigenerazione di pelle, muscoli e nervi. Anche la respirazione e l'energia cellulare, il metabolismo cerebrale, l'umore, il sonno e l'attività cardiaca traggono beneficio dall'apporto di niacina.
Acido pantotenico/B5: regola le reazioni corporee in presenza di stress, le emozioni e la vitalità. Esso è anche fondamentale per la produzione di energia, l'estrazione dei lipidi, la concentrazione mentale, la difesa dallo stress, ma anche per la prevenzione delle infiammazioni, la promozione di una pelle sana, la circolazione sanguigna e i nervi.
Vitamina B6: agisce positivamente sulle funzioni del sistema nervoso e le difese immunitarie. Inoltre la vitamina B6 favorisce la formazione di emoglobina ed è fondamentale per il metabolismo delle proteine e dei lipidi e per il trasporto di ossigeno nel sangue.

Sali Minerali
Sali minerali è un termine che individua alcuni composti inorganici, quindi privi di carbonio organicato, non necessariamente sali. Essi hanno un ruolo fondamentale nel funzionamento di tutti gli organismi viventi, animali, vegetali, funghi e regni degli organismi più semplici, e per questo motivo sono detti anche minerali essenziali o più correttamente, da ogni punto di vista, elementi essenziali. Essi sono infatti costituenti di alcune fondamentali biomolecole, come elemento centrale dei gruppi prostetici di emoglobina e clorofilla, come parte di enzimi deputati alla sintesi delle proteine, costituenti strutturali della crescita e sviluppo di vari organi e tessuti come denti e ossa, alla regolazione dell'equilibrio idrosalino delle cellule.
Essendo in genere elementi chimici, o anioni di ossiacidi, nessuna reazione chimica, e quindi nessun organismo vivente è in grado di sintetizzare autonomamente alcun minerale partendo da altro, pertanto essi devono essere introdotti attraverso l'alimentazione.

Calcio: è l'elemento maggiormente presente: da 1,5 a 1,9 % del peso corporeo; importante per la costruzione dello scheletro e dei denti, per la regolazione della contrazione muscolare (compreso il muscolo cardiaco), per la coagulazione del sangue, per la trasmissione degli impulsi nervosi, per la regolazione della permeabilità cellulare e per il corretto funzionamento di numerosi enzimi.
Cloro:aiuta la digestione delle proteine, la regolazione del bilancio idrico, la regolazione pressione osmotica e il corretto equilibrio acido-base.
Ferro: è l'elemento chiave nella formazione dell'emoglobina, cioè la molecola che trasporta l'ossigeno nel sangue.
Fosforo:fondamentale per la formazione delle proteine e per il corretto sfruttamento energetico degli alimenti, partecipa alla formazione delle molecole di RNA e DNA.
Magnesio: importante nella costituzione dello scheletro, per l'attività nervosa e muscolare, aiuta il metabolismo dei grassi e la sintesi proteica; spesso carente negli atleti, risulta essere alla base della produzione di energia nel muscolo e a molte regolazioni muscolari e nervose legate anche a fenomeni di mancato recupero, sovrallenamento, nervosismo.
Potassio: aiuta il funzionamento dei muscoli scheletrici e del miocardio, la regolazione eccitabilità neuromuscolare, l'equilibrio acido-base, la ritenzione idrica e la pressione osmotica.

Chi consiglia di restare leggeri a cena scegliendo un pasto che non appesantisca disturbando il sonno con la digestione difficile; chi sostiene che dopo una giornata fuori di casa sia necessario ricaricarsi per bene; chi, infine, nel dubbio salta il pasto, pensando che ormai non serve al corpo energia alcuna per affrontare il letto. Spesso si sbaglia portando in tavola per cena un pasto troppo ricco o al contrario insufficiente. Cosa è meglio mangiare?


Di sicuro è un errore cercare di compensare con la cena gli altri pasti, siano stati essi del tutto assenti o scarsi oppure troppo abbondanti. Conosco varie persone che a cena bevono solo del latte o mangiano yogurt e frutta o un piatto di verdure. Non è una cattiva scelta in sé ma va accompagnata da qualcosa di più sostanzioso, naturalmente, come un piatto proteico.
Ci si chiede anche se sia meglio scegliere tra frutta o verdure. Per cominciare vediamo la frutta: contiene vitamine e minerali, fibre ed è naturalmente golosa senza avere un apporto calorico troppo elevato ma ha anche una certa quantità di fruttosio che fornisce all’organismo energia di cui non ha bisogno effettivo prima della notte. Il rischio è che se andiamo a dormire subito dopo una cena a base di frutta e poco altro l’organismo immagazzini il glucosio sotto forma di grassi.
E la verdura? Vitamine, minerali e fibre possono essere equiparate in linea di massima all’apporto della frutta ma generalmente le verdure hanno un più basso indice glicemico e quindi sono più appropriate per la sera. In più la possibilità di consumarle crude o cotte e la grande varietà di verdure disponibile ci permette di più di variare. Attenzione però a non preparare piatti troppo conditi o elaborati.

Frutta e verdura apportano nutrienti essenziali all'organismo. Non essendo in grado di produrli autonomamente, il corpo deve procurarseli con l'alimentazione. Tuttavia, gli alimenti freschi perdono rapidamente i loro nutrienti a causa dei lunghi tempi di conservazione e della cottura. Inoltre, non sempre riusciamo a trovare il tempo per comprare gli alimenti freschi. Quando non riusciamo a garantire all'organismo una nutrizione sana equilibrata ed sana, può essere opportuno ricorrere agli integratori alimentari. Quello che conta è fornire al corpo i nutrienti di cui è carente.


Vitamine
Come già suggerisce il nome, le vitamine sono di vitale importanza per l'organismo. Pur non fornendo energia, esse sono necessarie per il metabolismo. Le vitamine influenzano quasi tutti i processi corporei. Un adeguato apporto ci fa sentire in forma, attivi e intraprendenti; una carenza di vitamine può provocare una sensazione di affaticamento e spossatezza. Nei casi più estremi possono insorgere disturbi da ipovitaminosi.
Poiché il corpo non è in grado di produrre da sé le vitamine, queste devono essere fornite attraverso l'alimentazione.
Esistono vitamine idrosolubili e vitamine liposolubili:
Vitamina A: è soprattutto importante per gli occhi, la pelle e le mucose, il metabolismo e il sistema immunitario, la formazione della cute, l'udito, il benessere delle cellule, l'accrescimento e la riproduzione.
Vitamina D: è necessaria per la crescita di denti e ossa, il sistema nervoso, il rilassamento e un corretto funzionamento del sistema immunitario.
Vitamina E: aiuta a proteggere il corpo dai radicali liberi. Essa inoltre supporta il metabolismo dei lipidi, la circolazione sanguigna, favorisce una buona composizione del sangue e frena le infiammazioni.
Vitamina C: è importante per il sistema immunitario, il tessuto connettivo e le gengive, il sonno, il buonumore e la gestione dello stress. Essa inoltre favorisce una pelle compatta e liscia e facilita la concentrazione mentale.
Tiamina/B1: viene usata dall'organismo per estrarre energia dagli alimenti. Questa vitamina aiuta inoltre la digestione e contribuisce al benessere del sistema nervoso, all'appetito, al cuore e alla guarigione delle ferite.
Riboflavina/B2: aiuta a trasformare carboidrati, grassi e proteine in energia. Essa è inoltre fondamentale per l'accrescimento, la pelle, la vista, i capelli, le unghie, la forma fisica e la respirazione cellulare.
Niacina: aiuta la rigenerazione di pelle, muscoli e nervi. Anche la respirazione e l'energia cellulare, il metabolismo cerebrale, l'umore, il sonno e l'attività cardiaca traggono beneficio dall'apporto di niacina.
Acido pantotenico/B5: regola le reazioni corporee in presenza di stress, le emozioni e la vitalità. Esso è anche fondamentale per la produzione di energia, l'estrazione dei lipidi, la concentrazione mentale, la difesa dallo stress, ma anche per la prevenzione delle infiammazioni, la promozione di una pelle sana, la circolazione sanguigna e i nervi.
Vitamina B6: agisce positivamente sulle funzioni del sistema nervoso e le difese immunitarie. Inoltre la vitamina B6 favorisce la formazione di emoglobina ed è fondamentale per il metabolismo delle proteine e dei lipidi e per il trasporto di ossigeno nel sangue.

Sali Minerali
Sali minerali è un termine che individua alcuni composti inorganici, quindi privi di carbonio organicato, non necessariamente sali. Essi hanno un ruolo fondamentale nel funzionamento di tutti gli organismi viventi, animali, vegetali, funghi e regni degli organismi più semplici, e per questo motivo sono detti anche minerali essenziali o più correttamente, da ogni punto di vista, elementi essenziali. Essi sono infatti costituenti di alcune fondamentali biomolecole, come elemento centrale dei gruppi prostetici di emoglobina e clorofilla, come parte di enzimi deputati alla sintesi delle proteine, costituenti strutturali della crescita e sviluppo di vari organi e tessuti come denti e ossa, alla regolazione dell'equilibrio idrosalino delle cellule.
Essendo in genere elementi chimici, o anioni di ossiacidi, nessuna reazione chimica, e quindi nessun organismo vivente è in grado di sintetizzare autonomamente alcun minerale partendo da altro, pertanto essi devono essere introdotti attraverso l'alimentazione.

Calcio: è l'elemento maggiormente presente: da 1,5 a 1,9 % del peso corporeo; importante per la costruzione dello scheletro e dei denti, per la regolazione della contrazione muscolare (compreso il muscolo cardiaco), per la coagulazione del sangue, per la trasmissione degli impulsi nervosi, per la regolazione della permeabilità cellulare e per il corretto funzionamento di numerosi enzimi.
Cloro:aiuta la digestione delle proteine, la regolazione del bilancio idrico, la regolazione pressione osmotica e il corretto equilibrio acido-base.
Ferro: è l'elemento chiave nella formazione dell'emoglobina, cioè la molecola che trasporta l'ossigeno nel sangue.
Fosforo:fondamentale per la formazione delle proteine e per il corretto sfruttamento energetico degli alimenti, partecipa alla formazione delle molecole di RNA e DNA; è l'elemento fondamentale per la produzione energetica e per la sintesi dell'ATP che è la più importante e potente benzina del muscolo.
Magnesio: importante nella costituzione dello scheletro, per l'attività nervosa e muscolare, aiuta il metabolismo dei grassi e la sintesi proteica.
Potassio: aiuta il funzionamento dei muscoli scheletrici e del miocardio, la regolazione eccitabilità neuromuscolare, l'equilibrio acido-base, la ritenzione idrica e la pressione osmotica.
Sodio: importante regolatore della permeabilità delle membrane cellulari, che è alla base dell'equilibrio idrico (insieme al potassio), inoltre attiva alcuni enzimi e contribuisce alla contrazione muscolare
Zolfo: è presente in molti tessuti dell'organismo. Si trova in due aminoacidi (metionina e cisteina) fondamentali per la struttura tridimensionale proteica, e in tre vitamine (tiamina, biotina e acido pantotenico); è importante per la formazione di cartilagini, peli e capelli.

Leggete attentamente, Blogger Markus
domenica 27 marzo 2011

Come fare sport per ottenere i massimi benefici



Sicuramente lo sport è un potente strumento per migliorare la propria qualità di vita, a patto che venga svolto nella maniera giusta. Moltissime persone praticano sport, ma incredibilmente solo una piccola parte di esse ne trae benefici determinanti, gli altri colgono solo alcuni vantaggi, altri ancora addirittura peggiorano la propria qualità di vita a causa di una cattiva interpretazione dell'attività sportiva.

Lo sport praticato nel modo più corretto consente di:
- proteggerci dalle malattie che uccidono la maggior parte delle persone;
- farci vivere in modo più dinamico e attivo la nostra vita;
- farci rimanere attivi più a lungo, rallentando il decadimento delle prestazioni fisiche in modo impressionante, soprattutto dopo i 40 anni;
- migliorare il nostro aspetto fisico;
- migliorare la nostra forza di volontà.

Intensità, durata e frequenza di allenamento
Ormai la scienza ha dimostrato in modo inequivocabile che al di sotto di una certa intensità lo sport non è in grado di modificare il nostro organismo in modo tale da proteggerci contro le malattie e farci vivere meglio e più a lungo. Uno dei primi studi è stato effettuato all'inizio del secolo scorso ad Harvard, su 17.000 allievi seguiti dal 1916 al 1950. Questo studio associò il minor rischio cardiovascolare a coloro che praticavano sport a intensità medio-alta per 6-8 ore la settimana, dunque circa un'ora al giorno.
Altri studi recenti, come questo, confermano che solo chi pratica sport con volume e una intensità sufficienti ottiene reali benefici in termini di salute.
Nel 2006 è stata pubblicata una review (uno studio che fa il "punto della situazione" riassumendo quanto scoperto da tutti gli studi effettuati sull'argomento). Tale pubblicazione ha dimostrato che l'attività fisica è in grado di diminuire la mortalità in modo continuo e progressivo all'aumentare delle calorie consumate alla settimana. Il consumo calorico minimo per ottenere qualche risultato è di 500 kcal la settimana, quello massimo di 3100 kcal. Dunque, un consumo calorico medio di 200-300 kcal al giorno (1400-2100 kcal la settimana) è in grado di diminuire la mortalità del 30% circa, cioè di ridurre il rischio di morte di 1/3.

Come fare allora per scoprire se stiamo praticando sport nel modo giusto?
Con il fit-test verifichiamo di stare praticando sport con la giusta intensità.
La durata minima per consumare 200-300 kcal al giorno è pari a 3-5 ore (dipende dal tipo di sport) la settimana di attività fisica reale (esclusi riscaldamento e defaticamento), per una frequenza minima di 3 volte.

Per quanto tempo?
Lo sport praticato in modo corretto dovrebbe accompagnarci fino alla fine dei nostri giorni. È incredibile come molti soggetti passati i 30 anni credano che ormai non possono più permettersi di praticare sport a una certa intensità. Spesso questo accade perché lo sport è praticato male, e quindi dopo i 30 anni le lesioni croniche alle articolazioni, indotte da anni di sport praticato in modo errato, iniziano a farsi sentire. Oppure perché uno stile di vita sbagliato ha portato ad un invecchiamento precoce (tipicamente, i kg di troppo iniziano a pesare come macigni).
Più gli anni passano, più lo sport è importante per mantenerci attivi e in salute. Se smettiamo di allenarci, nel giro di qualche mese torniamo ad essere praticamente dei sedentari, e torniamo ad invecchiare come un sedentario qualunque.
Quindi, la pratica di qualunque sport andrebbe pianificata con una strategia lungimirante, non dimenticandoci mai che il nostro obbiettivo è quello di fare sport fino alla fine dei nostri giorni.

Infortuni
Chi pratica sport a livello agonistico forse ritiene normale incappare in qualche infortunio. Se per un professionista questo può avere senso, cioè fa parte delle regole del gioco, per un dilettante che fa sport per stare bene l'infortunio deve essere un evento eccezionale, che è opportuno non accada mai, anche alla luce di quanto detto nel paragrafo precedente: ogni infortunio lascia qualche segno che, alla lunga, può diventare cronico e costringerci a smettere di praticare uno sport (anche per questo, bisognerebbe praticarne più di uno...).
L'infortunio peggiora drasticamente la qualità della nostra vita, costringendoci ad interrompere la pratica dello sport, predisponendoci ad un aumento di peso che poi dovremo faticare per recuperare, a una più o meno lunga e faticosa riabilitazione, a un periodo di inefficienza fisica che paghiamo anche nelle attività quotidiane. Dunque, bisogna fare di tutto per starne alla larga.
Come stare alla larga dagli infortuni? Se escludiamo i casi fortuiti, la stragrande maggioranza degli infortuni sono causati da sovraccarichi a cui sottoponiamo il nostro organismo, quando siamo alla ricerca del limite. Dunque, per evitare gli infortuni, bisogna stare sufficientemente lontani dai nostri limiti, tanto più lontani quanto più lo sport è traumatico.
Quasi sempre gli infortuni sono associati ad un eccessivo volume di allenamento (tipicamente troppi km la settimana nella corsa), ma anche da altri fattori come la ricerca del limite in discesa nel ciclismo (soprattutto nella mountain bike), nello sci da discesa, l'eccessivo agonismo negli sport di squadra, ecc.
Il segreto è quello di scegliere degli sport con una bassa traumaticità e pericolosità, ed essere tanto più prudenti quanto più questi sport sono traumatici o pericolosi.

Quale sport?
La scelta dell'attività sportiva è un fattore fondamentale. Nella mia vita ho praticato molti sport e ho conosciuto molti praticanti le più diverse attività sportive. All'età di 30 anni mi sono convinto che la strategia migliore per praticare sport con la giusta intensità (nè troppo, ne troppo poco), il giusto volume (km settimanali), la giusta motivazione (abbastanza alta e soprattutto duratura), al fine di ottenere i massimi benefici senza incorrere in infortuni, è quella di praticare più di una strategia multidisciplina.
L'ideale è praticare i 3 sport Fit per eccellenza: nuoto, bicicletta e corsa, ovvero il Triathlon o meglio il TriFitness, per differenziarlo dallo sport agonistico (non è necessario gareggiare per essere dei triatleti). Se poi sappiamo praticare anche uno o più sport fun, come uno sport di squadra, lo sci da discesa, il tennis, la nostra forma fisica di base, ottenuta grazie agli sport fit, ci farà godere appieno di queste attività con minor rischio di infortunio.

Stai collegato con noi di Belliesani.it, nelle prossime puntate ti spiegherò meglio cosa è il TRIFITNESS e come si fa il FIT-TEST,
a presto Blogger Markus.



In questa sezione capiremo come fare sport per ottenere tutti questi risultati. Arriveremo alla conclusione che lo sport va praticato:
- con sufficiente intensità e frequenza;
- con sufficiente prudenza per evitare gli infortuni;
- mantenendo sempre alta la motivazione, al fine di praticarlo per sempre.
mercoledì 23 marzo 2011

Disidratazione, parte seconda.

Nella parte precedente abbiamo visto in che percentuale l'acqua compone il nostro corpo e quali sono i sintomi dalla disidratazione, oggi andiamo a vedere chi sono i soggetti più a rischio, vi sveleremo le SOLUZIONI e cosa bere per reidratarsi al meglio. Soggetti a rischio disidratazione IL BAMBINO E' PARTICOLARMENTE A RISCHIO DISIDRATAZIONE per la maggior percentuale di acqua corporea e per il suo più veloce turnover. A rischio sono soprattutto i neonati colpiti dalle prime gastroenteriti virali. L'ANZIANO E' PARTICOLARMENTE A RISCHIO DISIDRATAZIONE in quanto lo stimolo della sete si attenua con l'avanzare dell'età, può esservi il timore di incontinenza urinaria (con minor assunzione di liquidi) o preconcetti errati, e sono anche più frequenti le malattie e le alterazioni organiche e psicologiche predisponenti alla disidratazione. LO SPORTIVO E' PARTICOLARMENTE A RISCHIO DISIDRATAZIONE per la maggior quantità di sudore prodotta durante l'attività sportiva. Si calcola che nel soggetto impegnato in un'attività fisica sia necessario 1 ml di acqua per ogni caloria spesa. Come reidratare Fino a pochi anni fa la disidratazione, specie quella severa, veniva trattata tramite infusione glucoidrosalina per via endovenosa (fleboclisi). Oggi, pur continuando ad usare tale trattamento nelle situazioni più gravi, si ricorre sempre più alla terapia reidratante orale. Per i bambini sono disponibili apposite preparazioni reidratanti da acquistare in farmacia dietro consiglio del pediatra. Regole pratiche per una corretta idratazione: Non basarsi solamente sulla sensazione di sete, ma tenere conto dell'acqua assunta durante la giornata (in genere si parla di almeno un litro e mezzo in inverno ed almeno un paio di litri d'estate). Ricordare che i principali fattori che influenzano la velocità di assorbimento di una bevanda sono due: il tempo di svuotamento gastrico e la rapidità con cui viene assorbita dai villi intestinali. Tanto più alta è la percentuale di carboidrati nello sport drink e tanto minore è la rapidità di svuotamento gastrico; per questo motivo, e non solo, per combattere la disidratazione sono particolarmente utili le bevande isotoniche, dove la percentuale di carboidrati è compresa tra il 6 e l'8 percento. Gli elettroliti, ed in modo particolare il sodio ed il potassio, riducono l'escrezione urinaria e favoriscono la ritenzione di idrica ed un migliore assorbimento.
 Attenzione all'eccessiva esposizione solare e alla pratica di terme e saune, da evitare quando si è a rischio disidratazione. Quando ci si sposta in un luogo particolarmente caldo o alle prime calure estive bisogna dare il giusto tempo all'organismo per acclimatarsi, evitando di esporsi direttamente al sole nelle ore più calde. Lasciar perdere le tute in plastica per sudare se si vuole dimagrire... non servono a nulla, se non a disidratare e ad attentare pericolosamente alla salute di chi le indossa. Tener presente che anche in altura il rischio di disidratazione è elevato, sia per il clima generalmente ventoso, sia per la maggiore vicinanza dei raggi solari, sia perché viene eliminata più acqua con la respirazione. Anche i viaggi molto lunghi in aereo possono causare disidratazione. La bevanda ideale per fronteggiare la disidratazione deve possedere diverse caratteristiche: innanzitutto un sapore gradevole; deve essere facilmente assorbibile senza causare problemi gastrointestinali; deve quindi essere moderatamente refrigerata (8-13°C), isotonica e mai iperosmolare; deve infine contenere una minima quantità di carboidrati (5-7%), non superiore al 10%. Per questo motivo l'acqua ed una dieta ricca di vegetali sono molto utili per prevenire la disidratazione, ma quando questa è già insorta o è probabile che faccia la sua comparsa (sudorazione severa ecc.) è molto meglio sorseggiare bevande appositamente formulate. La sola acqua, infatti, potrebbe non solo essere insufficiente ma addirittura controindicata (possibile causa di iponatremia). Bevanda Ipotonica: fluidi, elettroliti ed un basso contenuto in carboidrati, cosa da? Rapida reidratazione, ma poca energia Bevanda Isotonica: fluidi, elettroliti ed un 6 - 8% di carboidrati, cosa da? Rapida reidratazione ed energia Bevanda Ipertonica: Elevato contenuto in carboidratii, cosa da? Scarsa e lenta reidratazione, ma elevata energia Osmolarità e disidratazione L'osmolarità di un liquido corrisponde al numero di particelle presenti in soluzione. In una bevanda reidratante queste particelle comprendono i già citati elettroliti (sali) ed i carboidrati, oltre agli immancabili conservanti e dolcificanti artificiali. L'osmolarità del plasma, che in condizioni normali si aggira tra i 280 ed i 330mOsm/kg, è influenzata principalmente da alcuni suoi componenti, come sodio, proteine e glucosio. Una bevanda, per dirsi isotonica, deve avere la stessa osmolarità del plasma (pur cambiando il tipo di soluti). Al contrario, si definiscono ipotoniche ed isotoniche quelle bevande aventi, rispettivamente, una osmolarità inferiore o superiore. Il consumo di bevande ipotoniche, come l'acqua ed in particolare quella a basso residuo, diminuisce l'osmolarità plasmatica (diluisce i soluti del sangue) e tende a ridurre la sensazione di sete prima che i livelli idrici si siano ripristinati. Le bevande ipertoniche, invece, per le leggi dell'osmosi, richiamano liquidi nel lume intestinale, aggravando la disidratazione e diventando fonte di possibili disordini intestinali (diarrea). Appurato che la bevanda ideale per combattere la disidratazione dev'essere isotonica o leggermente ipotonica, è bene ricordare che la maggior parte degli sport drink rispetta tale direttiva (in tal caso l'aggettivo "isotonica" o "isosmolare" è chiaramente riportato in etichetta). Si può preparare una sana e gustosa bevanda reidratante anche miscelando cinque cucchiai di zucchero da tavola per ogni litro di acqua ed aggiungendovi un pizzico di sale (1g) e 100 ml di succo d'arancia concentrato. Tra gli scaffali dei supermercati o in negozi specializzati, sono inoltre disponibili integratori salini in polvere che vanno sempre aggiunti alle bevande nei dosaggi riportati in etichetta. Quando questi vengono superati, infatti, l'elevata concentrazione salina richiama liquidi a livello intestinale per gradiente osmotico, sottraendoli al plasma, causando diarrea ed aggravando lo stato di disidratazione corporea. Il sudore è una soluzione acquosa in cui si trovano minerali, come sodio, cloro, magnesio e potassio. Il sudore è un LIQUIDO IPOSMOTICO, cioè con una OSMOLARITÀ (concentrazione delle particelle presenti in soluzione, o soluti) inferiore a quella di tutti gli altri liquidi corporei; il sudore  ha infatti una concentrazione di 80-180 mOsm/l rispetto a 280-330 mOsm/l del plasma. La sudorazione, pertanto, determina sempre una perdita di acqua in eccesso rispetto alla perdita di sali. Per quanto detto è bene che la bevanda reidratante abbia una concentrazione uguale (isotonica) o leggermente inferiore (ipotonica) a quella del plasma. Voglio darvi il mio consiglio, se posso ... la bevanda isotonica che vi consiglio è usato da Leo Messi e dai suoi compagni del Barcellona, da Tania Cagnotto, 2 medaglie d'oro ai recentissimi Campionati Europei e da molti altri atleti, qualcuno anche non sponsorizzato ... si chiama H3O Pro, vai nella sezione SPORT e ENERGIA e ordinalo immediatamente. Consiglio di Blogger Markus
domenica 20 marzo 2011

Disidratazione ...

La quantità di acqua presente nell'organismo umano raggiunge valori molto elevati, nell'ordine del 50-80% del peso corporeo; questi due estremi riguardano, rispettivamente, gli anziani ed i bambini, mentre nell'adulto si attestano intorno al 60% (maggiori negli uomini e negli atleti, minori delle donne e nelle persone obese). L'acqua, dunque, è il costituente più rilevante del nostro corpo ed è risaputo che senza un suo apporto dall'esterno si può sopravvivere soltanto per pochi giorni. Si definisce DISIDRATAZIONE la carenza di acqua nell'organismo, che può essere causata da un'insufficiente apporto con la dieta e/o da perdite eccessive (sudorazione e diarrea profusa, vomito ripetuto, ustioni, piaghe da decubito, polipnea, assunzione di diuretici, lassativi o acqua particolarmente povera di sali, dieta iperproteica, diabete mellito, diabete insipido, massiccio consumo di sale). La disidratazione diventa morbosa quando la perdita supera il 5-6% del peso corporeo.   In condizioni fisiologiche basali (di riposo) e a temperatura ambiente (18-20°). le perdite di acqua sono inferiori ad 1 ml/min. Con l'attività fisica e l'aumento della temperatura esterna queste perdite, dovute soprattutto alla sudorazione, possono arrivare a 15-25 ml/min.   Via di eliminazione dell'acqua corporea > Perdita idrica indicativa (ml/die) Urina > 1000-1500 Feci > 150 Polmoni > 500-700 Cute > 200   Sebbene l'organismo sia capace di limitare - anche considerevolmente - le perdite idriche, non dobbiamo mai dimenticare l'importanza dell'acqua nell'alimentazione umana. Non sono rare le persone che abbinano ad una ridotta assunzione di liquidi, una dieta povera di vegetali (costituiti per circa il 90% di acqua) e ricca di bevande disidratanti (caffè, alcolici, cola ecc.), con inevitabile sofferenza dell'intero organismo. L'acqua corporea è presente in tre diversi compartimenti: intracellulare: rappresenta il 40-50% del peso corporeo ed è importantissima per il normale svolgimento dei processi metabolici delle cellule; intravascolare: rappresenta il 7% del peso corporeo ed è la principale componente del plasma sanguigno; extracellulare: costituisce il 17-20% del peso corporeo, si trova negli spazi tra una cellula e l'altra e permette lo scambio di sostanze tra il sangue dei capillari e le cellule. Sintomi della disidratazione   La disidratazione è pericolosa per svariati motivi; innanzitutto in un corpo disidratato il meccanismo della sudorazione viene bloccato, in modo da risparmiare la poca acqua rimasta nell'organismo. La mancata secrezione di sudore causa un notevole surriscaldamento organico, con ripercussioni negative sul centro termoregolatorio ipotalamico (vedi colpo di calore). Inoltre, in un organismo disidratato si riduce la volemia, per cui il sangue circola meno bene nei vasi, il cuore si affatica e può insorgere, nei casi estremi, il collasso cardiocircolatorio. Alcuni, possibili, sintomi della disidratazione: sete (non sempre presente, specie nell'anziano, e molto spesso non proporzionata al grado di disidratazione); crampi muscolari; debolezza generale; calo del peso corporeo; diminuzione della diuresi, con urine di colore particolarmente scuro (tipica disidratazione ipertonica); secchezza delle labbra, della pelle e delle mucose; aumento della temperatura corporea; infossamento dei bulbi oculari; aumentata frequenza cardiaca; compromissione del sensorio; mancanza di lacrime nel pianto e freddezza delle estremità. Percentuale di peso corporeo perso per disidratazione > Implicazioni fisiologiche 2% > Alterazioni della performance 4% > Diminuisce la capacità di lavoro muscolare 5% > Disturbi gastrointestinali, esaurimento del calore 7% > Allucinazioni 10% > Collasso circolatorio e infarto cardiaco FINE PRIMA PARTE BLOG, continua ...  
mercoledì 16 marzo 2011

"Attenti all'alimentazione, 
innesca i tumori più del fumo"

Veronesi: "Attenti all'alimentazione, 
innesca i tumori più del fumo" La lezione del direttore dell'Ieo agli studenti della Sapienza: "La prevenzione riduce i decessi più della medicina e comincia a tavola". I dati sul cancro al colon dimostrano che è quasi  inesistente nei paesi a dieta priva di carne. I consigli sui cibi "protettivi" La prevenzione fa più delle medicine nella lotta contro il cancro. Ne è convinto Umberto Veronesi, direttore scientifico dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, intervenendo a un incontro del ciclo "Vivere in salute promosso dall'università La Sapienza di Roma. Il primo luogo nel quale fare prevenzione, secondo Veronesi, è la tavola, perché l'alimentazione è responsabile del maggior numero di neoplasie nel mondo, superando anche il fumo. Numeri alla mano, l'oncologo ha spiegato che a innescare il tumore sono nel 35% dei casi le cattive abitudini alimentari; seguono il tabacco (30%), le infezioni virali (10%), i fattori riproduttivi (7%), l'attività lavorativa e l'inquinamento (4%). "Ciò di cui ci nutriamo - ha sottolineato Veronesi, parlando agli studenti - è un elemento fondamentale per la nostra vita. Alimentarsi vuol dire scegliere e questa scelta può essere importantissima per preservarci da diverse malattie, a partire dai tumori. Il 35% di questi - ha ribadito - è dovuto a ciò che mangiamo, che può agire indisturbato sui nostri organi". A sostegno della sua tesi, Veronesi ha mostrato ad esempio due slide che rappresentano la diffusione del tumore al colon nel pianeta e dalle quali emerge che questo tipo di neoplasia "è rarissima nei Paesi dove non si mangia carne", al contrario di quelli in cui raramente la carne manca a tavola. Frutta e verdura, al contrario, sono alimenti "protettivi": "Più alto è il loro consumo - ha ricordato Veronesi - più diminuisce il rischio" di insorgenza di un tumore perché in essi è presente "un'armata di molecole antitumorali". Per proteggersi, dunque, l'oncologo ha indicato una serie di prodotti comuni quali "fragole, tè verde, aglio, verza, broccoli e pomodori" ed altri di importazione quali la curcuma, "presente ad esempio nel curry": "Nell'isola di Okinawa - ha detto Umberto Veronesi - , dove la curcuma viene consumata quotidianamente, c'è una presenza di ultracentenari che supera del 10-15% quella degli altri Paesi nel mondo". Alcuni cibi, ha aggiunto, formano una pericolosa "complicità" con il fumo: studi recenti avrebbero rilevato una correlazione tra il consumo di carne, fumo e tumore del polmone. Più in generale, Umberto Veronesi ha ribadito che la prevenzione è stata finora più efficace dei farmaci nell'evitare le morti per tumore. "Se le morti per tumore sono diminuite - ha detto - il merito va alla prevenzione, che ha avuto anche una grande importanza sull'incidenza e sulla curabilità ; per questo, ha concluso, "adesso vogliamo puntare a identificare i fattori protettivi contenuti negli alimenti che aiutano a combattere il cancro".
domenica 13 marzo 2011

Alluce valgo, danni anche alla "testa"

Alluce valgo, danni anche alla "testa"
"Meglio non rinviare la soluzione" Uno studio australiano conferma gli effetti negativi della "cipolla" sulla qualità della vita. E aggiunge che questa deformazione del piede colpisce pesantemente sul piano psicologico e dunque andrebbe affrontato con più decisione Come tutte le cipolle fa piangere. L'alluce valgo è una deformità del piede molto comune che però danneggia la qualità della vita di chi ne soffre ben oltre il dolore locale. La conferma arriva da una nuova ricerca pubblicata su Arthritis care & research 2. Secondo gli studiosi della Trobe university di Melbourne (Australia), chi è affetto da questo disturbo deve intervenire subito, perché l'alluce valgo non solo si aggrava con l'età e crea disturbi posturali sempre maggiori, ma è in grado di danneggiare anche il benessere psico-fisico di un individuo. Soprattutto quello delle donne. Chi soffre di questo disturbo sa che non riuscire a trovare le scarpe adatte non è l'unica conseguenza negativa. Si crea infatti una vera e propria alterazione posturale: cambia il modo di distribuire il peso sulla parte anteriore del piede con ripercussioni sulla schiena, le anche e le ginocchia. Inoltre questa deformità è accompagnata da una tumefazione dolente della parte interna del piede, la cosiddetta "cipolla", che altro non è che una forma di borsite, cioè un'infiammazione da sfregamento con la calzatura. Per analizzare il rapporto tra dolore e benessere fisico generale, lo studio ha analizzato 2.831 persone con più di 56 anni. Il 36% del campione soffriva di alluce valgo e il problema riguardava soprattutto le donne. Il team guidato da Hylton Menz, per ottenere le informazioni necessarie a portare avanti lo studio, ha quindi diviso i pazienti in cinque gruppi, ognuno corrispondente a un livello di gravità diverso del disturbo e calcolato sulla base dell'angolo di deformità: di 0, 15, 30, 45 e 60 gradi (il gruppo dei pazienti più gravi). Subito dopo, il campione ha compilato due questionari usati in medicina per valutare il grado di dolore e di benessere psicofisico: il Medical outcomes study short form 36 (SF-36) e l'Health survey and the Manchester foot pain and disability index (FPDI). Più alti livelli di deformità dell'alluce sono stati riscontrati maggiormente tra le donne, e aumentavamo con l'età. I ricercatori hanno dimostrato che i pazienti colpiti dalle forme più gravi manifestavano un generale deperimento fisico: provavano un dolore più elevato, mostravano funzionalità fisiche ridotte con conseguenze negative su schiena, anche, ginocchia e piedi; contemporaneamente, però, apparivano più deboli e provati dal punto di vista psicologico. Insomma, alla ridotta funzionalità fisica si associa un peggioramento della salute in generale con i pazienti che perdono vitalità, voglia di socializzare e salute a livello mentale. Per questo, dicono i ricercatori, l'alluce valgo è un problema che andrebbe affrontato con decisione, non pensando che sia un disturbo con il quale si possa o si debba convivere. "I nostri risultati - dice Menz - indicano che questo è un disturbo muscolo-scheletrico invalidante che peggiora la qualità della vita. Meglio dunque non aspettare e ricorrere a interventi mirati per correggerlo o rallentarne la progressione". L´intervento di correzione dell´alluce valgo nelle tecniche più recenti e minimamente invasive avviene invece con l´uso di una minifresa. Si tratta di una tecnica percutanea perché attraverso una incisione millimetrica della cute, e sotto il controllo di uno strumento radiologico, l´operatore manovrando la fresa sega la sporgenza. Di più: sega il metatarso (il lungo osso del piede, che si articola con l´alluce) e sempre sotto il controllo di un apparecchio radiologico lo sposta fino ad ottenere la correzione desiderata. Tanto basta ad eliminare la dolorosa prominenza e a riallineare l´alluce. Nessuna cicatrice o punti di sutura sulla pelle. Un cerotto e un bendaggio completano l´intervento. «Ma attenzione è come operare al buio senza vedere ciò che realmente si compie con la fresa. I danni e le complicazioni sono numerose anche in mani esperte. Ecco come avere maggiori informazioni Blogger Markus e la staff di Belli&sani.it
mercoledì 9 marzo 2011

Dopo l'infarto arriva l'insonnia

LEGAME CUORE-CERVELLO Dopo l'infarto arriva l'insonnia Spesso si aggiunge anche la depressione: uno studio chiarisce le cause dell'insorgenza di questi disturbi I danni dell'infarto non si limitano al cuore. Pure il cervello ne risente: una ricerca pubblicata sulla rivista ha appena dimostrato con esperimenti nell'animale che dopo un attacco cardiaco si perdono alcuni neuroni delle strutture profonde del cervello, e questo può portare a insonnia e perfino a depressione. ESPERIMENTO - Lo studio è stato condotto da Roger Godbout e i suoi collaboratori del Dipartimento di Psichiatria dell'ospedale del Sacro Cuore di Montreal, in Canada, su 28 ratti. I ricercatori hanno indotto un infarto su alcuni di loro occludendo un'arteria coronarica, poi ne hanno valutato il sonno per due settimane. Infine, sono andati a "contare" i neuroni di alcune aree del cervello correlate al sonno e all'umore. Il primo risultato è l'arrivo dell'insonnia dopo l'infarto: come accade nell'uomo, nei giorni successivi all'attacco cardiaco i ratti avevano difficoltà ad addormentarsi e i periodi di sonno REM (o sonno paradosso, in cui l'attività cerebrale è intensa, i movimenti oculari veloci e i sogni vividi, mentre il corpo è completamente rilassato) tendevano a essere meno frequenti e più brevi. Molto sembrerebbe dipendere dalla perdita dei neuroni che rilasciano acetilcolina, un neurotrasmettitore cerebrale, in alcune zone profonde del cervello. Questi neuroni, stando ai risultati ottenuti negli animali, si "suiciderebbero" con un processo chiamato apoptosi, una specie di auto-distruzione controllata che le cellule mettono in atto quando sono danneggiate. Nello specifico, i canadesi hanno verificato che all'infarto si associa il rilascio di sostanze infiammatorie che arrivano a danneggiare il cervello, proprio nelle aree dove si controlla il sonno REM. NELL'UOMO - L'insonnia dopo l'infarto è frequente, però finora nessuno aveva saputo spiegare perché se non tirando in ballo lo stress del post-infarto e le sue ripercussioni negative sul riposo. I dati dei canadesi sembrano gettare un po' di luce sul tema: «Esiste una spiegazione fisiologica all'insonnia del dopo infarto: dipende dalla morte di neuroni che svolgono un ruolo cruciale nella regolazione del sonno», dice Godbout. In particolare, sarebbero le cellule che controllano il prezioso sonno REM a risentire maggiormente dell'infarto cardiaco: per questo, proprio questa fase del sonno finirebbe per essere danneggiata irrimediabilmente. «Il sonno REM è un periodo cruciale del riposo perché serve ad attivare il sistema limbico, un'area che regola l'integrazione e l'elaborazione delle nostre emozioni - spiega Godbout -. Se queste funzioni vengono alterate, il rischio di depressione aumenta. La depressione si manifesta spesso nel post-infarto, così come l'insonnia: questi dati ne spiegano le basi biologiche». Il sonno disturbato è un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, così come la depressione: il rischio è che si crei un circolo vizioso in cui l'insonnia compromette la ripresa dopo l'attacco cardiaco, con recidive e ulteriori guai cardiaci che poi peggiorano di nuovo umore e sonno. «Pertanto, è opportuno intervenire prima possibile per risolvere la depressione o l'insonnia che compaiono dopo l'infarto. Ancora meglio sarebbe riuscire a prevenirle, con interventi comportamentali adeguati», conclude Godbout. A presto Blogger Markus e il gruppo Belli&sani
domenica 6 marzo 2011

Il pranzo perfetto per i bambini

Diversi studi dimostrano che mangiare in famiglia, seguendo semplici regole, aiuta a crescere meglio Una bella tavola apparecchiata, piatti buoni e preparati con amore, una chiacchierata fra genitori e figli. Che ci crediate o no, un pranzo in famiglia come questo è un toccasana per i bambini: previene l'obesità, i disturbi alimentari ed è una vera e propria terapia per i piccoli che soffrono di asma. Lo ha appena dimostrato uno studio dell'università dell'Illinois, secondo cui i bimbi asmatici che pranzano coi genitori controllano meglio i sintomi e hanno una miglior funzionalità respiratoria. A patto però che il pasto preveda precisi «ingredienti», semplici come l'ABC, indicati dalla psicologa statunitense Barbara Fiese. C'è la A di «azione», ovvero spegnere cellulari, televisione, computer e tutto ciò che può distrarre dal cibo. Poi c'è la B di behavior control, ovvero controllo del comportamento, perché è importante che i bimbi sperimentino a tavola la rassicurante ripetitività delle regole: mangiare alla stessa ora, sedere allo stesso posto. Vedere gesti consueti è tranquillizzante, soprattutto per i piccoli con qualche problema di salute che sono più ansiosi della media, Infine, c'è la C di "conversazione", l'ingrediente più importante per un pranzo davvero benefico. BIMBI ASMATICI - La psicologa Fiese ha stilato la «ricetta» per il pranzo ideale dopo aver registrato i pasti di 200 famiglie con bimbi asmatici dai 5 ai 12 anni: poiché l'asma è una malattia cronica, che comporta disagi e molto stress, è un ottimo «terreno« per capire da che cosa dipendano gli effetti positivi dei pasti in famiglia. Un po' a sorpresa, c'entra poco il cibo in tavola: conta molto di più come si spende il tempo a disposizione per il pasto. «Calcolando che un pasto a casa dura in media 18 minuti, abbiamo visto che il "modello ideale" prevede un paio di minuti dedicati all'eliminare ciò che potrebbe distrarre e spiegare ai bimbi perché lo si fa (spiega Barbara Fiese). Altri quattro minuti si passano a ribadire piccole norme di comportamento che non vanno imposte, ma spiegate, per creare una rassicurante routine; il resto del tempo va speso in una conversazione costruttiva, che faccia sentire ai figli di essere importanti, sostenuti da mamma e papà nei loro piccoli e grandi problemi. Nelle famiglie che più si avvicinano a questo "modello" i bimbi sono risultati più sereni e in grado di gestire meglio i sintomi dell'asma». «Un'interazione familiare positiva, infatti, riduce l'ansia e rende i bambini più sicuri di sé; un meccanismo che può certamente contribuire a rendere il pasto in famiglia "salutare" e protettivo anche nei confronti di problemi come l'abuso di sostanze o i disturbi alimentari». REGOLE A TAVOLA «Se un bimbo è lasciato a se stesso si sente inevitabilmente "perso": i piccoli hanno bisogno di modelli, perché solo così riescono a strutturare meglio il loro carattere e a gestire la loro autonomia, anche nei confronti di eventuali problemi di salute. È questo il senso delle regole a tavola, conferma Giuseppe Fatati, presidente della Fondazione dell'Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica. La convivialità, dal canto suo, è ormai considerata il primo e più importante gradino della piramide alimentare: conversare e condividere con le persone care il cibo è un passo essenziale per mangiare sano, oltre che per coltivare i propri affetti». «Proprio in famiglia, prosegue Fatati, si trasmette la cultura alimentare: i bimbi sono molto "permeabili" a ciò che apprendono a casa, amano stare a tavola con gli adulti e se imparano da piccoli le buone abitudini non le dimenticano più». Non a caso il pranzo con genitori o nonni previene l'obesità, come ha appena dimostrato una ricerca della Dietetitians Association of Australia. «Chi a tavola non si distrae con la tv, ma conversa con gli altri, mastica più lentamente, si concentra sul cibo, capisce che cosa sta mangiando e non si abbuffa» spiega Fatati. La maggior parte dei bambini però a mezzogiorno mangia a scuola: un'occasione persa? «Va bene anche il pasto con i coetanei, a patto però che i genitori riescano a fare almeno un pasto coi figli, magari la colazione, occasione fondamentale per un avvio positivo della giornata» conclude il nutrizionista.
giovedì 3 marzo 2011

I cibi giusti per il dopo-palestra

Ciò che si mangia dopo un allenamento influenza gli effetti dell'attività fisica sulla salute Se il pasto dopo la palestra non è «giusto» si rischia di vanificare tutto il bene che può fare il movimento: è il risultato di uno studio dell'università del Michigan che è liberamente accessibile online sul sito del Journal of Applied Pshysiology. La ricerca è stata condotta su nove volontari che hanno provato tre tipi di menu post-allenamento: uno bilanciato, uno con pochi carboidrati, un altro ipocalorico. Ebbene, il migliore sarebbe quello con pochi carboidrati perché garantirebbe una maggior sensibilità all'insulina e quindi un miglior metabolismo del glucosio. BENEFICI MOMENTANEI – Facciamo un passo indietro. Jeffrey Horowitz, che ha condotto la sperimentazione, ha deciso di affrontare l'argomento perché numerosi studi hanno dimostrato che i benefici metabolici dell'esercizio fisico aerobico sono momentanei e si esauriscono nel giro di ore, al massimo pochi giorni. «Molti miglioramenti metabolici derivanti dall'esercizio dipendono dall'ultima seduta di allenamento e non soltanto dall'aumentata “fitness” generale. E il metabolismo cambia non solo per come ci alleniamo, ma anche a seconda di quello che mangiamo», spiega Horowitz. Il ricercatore ha cercato di capire che cosa è meglio mangiare dopo lo sport sottoponendo 9 trentenni sedentari a 4 sessioni di esperimento in 4 giorni diversi: nella prima non facevano esercizio e mangiavano un pasto consueto, simile a quelli di tutti i giorni; nella seconda, dopo 90 minuti di attività fisica a moderata intensità (su una cyclette e un tapis roulant) mangiavano un pasto completo in proteine, carboidrati e grassi per bilanciare il consumo energetico; nella terza sessione, dopo un identico sforzo fisico, il pasto aveva meno della metà dei carboidrati del pasto completo ma apportava le stesse calorie; dopo l'ultima sessione di esercizio, invece, il pasto era ipocalorico (un terzo di calorie in meno) e ad alto contenuto di carboidrati. METABOLISMO – Dopo ogni esperimento i volontari sono stati studiati per capire le differenti reazioni del metabolismo. Scoprendo ad esempio che ogni volta che ci si allena aumenta la sensibilità dell'organismo all'insulina, ovvero migliora la capacità di utilizzo e immagazzinamento muscolare del glucosio riducendo allo stesso tempo il rischio di diabete. «Questo effetto è più evidente se si riducono i carboidrati senza toccare le calorie – dice Horowitz –. Perché l'attività fisica apporti importanti benefici sulla salute, insomma, non occorre mangiar poco o cercare di ottenere un effetto dimagrante: anche l'esercizio associato a un consumo contenuto di carboidrati fa bene al metabolismo e alla salute. Adesso stiamo proseguendo gli studi su soggetti obesi, per capire qual'è la minima quantità di esercizio fisico che può aumentare la sensibilità all'insulina almeno per un giorno». SCOPO DELL'ESERCIZIO FISICO – Commenta Michelangelo Giampietro, specialista in Medicina dello sport e Scienze dell'alimentazione e docente all'Istituto di Scienza dello Sport del CONI: «Che l'esercizio fisico migliori la sensibilità all'insulina è un dato ben noto. Ed è vero che il pasto dopo lo sport è importante, ma deve essere diverso a seconda delle finalità per cui la persona si allena. Chi lo fa per migliorare le proprie prestazioni e ottenere risultati sportivi deve predisporre l'organismo all'allenamento successivo, ripristinando le scorte di carboidrati; chi invece lo fa, anche regolarmente, per mantenersi in forma o come “terapia” per una condizione metabolica non deve esagerare coi carboidrati post-allenamento, perché il lavoro svolto non lo giustificherebbe». Tutto dipende insomma da quanto, come e perché ci si allena, tenendo sempre ben presente che dopo lo sforzo bisogna comunque mangiare sia carboidrati che proteine: ad esempio corn flakes, biscotti, dolcetti non troppo ricchi di grassi, fette biscottate o pane, tutti alimenti che forniscono anche proteine grazie alla farina, il latte, le uova usati per prepararli. «Un altro consiglio: non sopravvalutate il dispendio energetico sostenuto, quasi sempre è meno di quel che si crede – aggiunge Giampietro –. Tantissimi fanno esercizio per mangiare, giustificando con un'ora di palestra gli stravizi alimentari: è opportuno un po' di senso della misura. Quanto ai carboidrati, è bene non esagerare ma neanche ridurli troppo, per evitare che la volta successiva i muscoli non siano in grado di lavorare a dovere», conclude l'esperto. Per completare le informazioni vi invito a scaricare la guida preparata dal Dott. Prof. De Angelis, clicca qui